A volte mi sorprendo di quanto un gesto così quotidiano come lavare i piatti possa nascondere più insidie di quanto immaginiamo. Pensiamo di fare tutto nel modo giusto, e invece proprio durante quel rituale serale potremmo compiere l’errore che impedisce una vera disinfezione. È un dettaglio che molti ignorano, ma che fa la differenza tra stoviglie davvero pulite e superfici che sembrano lucide ma ospitano ancora batteri.
L’acqua troppo tiepida: il primo fraintendimento
Mi è capitato spesso di credere che bastasse il vapore che si alza dal lavello per essere sicura che l’acqua fosse calda abbastanza. E invece no. L’acqua del rubinetto raramente supera i 45‑50°C, una temperatura che scioglie il grasso ma non elimina efficacemente i microrganismi.
Per ridurre davvero la carica batterica servirebbero almeno 60°C: una soglia che molti rubinetti domestici non raggiungono.
È un po’ come pensare che un tè tiepido possa far bollire la pasta: non succederà mai. E così, piatto dopo piatto, ci illudiamo di disinfettare quando stiamo solo dando una rinfrescata.
La spugna: il più grande equivoco della cucina
La parte che mi mette sempre più a disagio è rendermi conto che la spugna è spesso molto più sporca di ciò che sto lavando. Anche se la sciacquo sotto l’acqua corrente dopo ogni uso, continua a trattenere umidità e residui che diventano un terreno perfetto per la proliferazione dei batteri.
Alcune buone abitudini che aiutano davvero:
- Sostituire la spugna frequentemente, anche più volte al mese.
- Disinfettarla immergendola in acqua e candeggina diluita.
- Farla asciugare completamente tra un utilizzo e l’altro.
A volte uso anche una spugna diversa per le superfici e una dedicata solo ai piatti. È un piccolo accorgimento che riduce il rischio di contaminazioni incrociate.
(La spugna, tra l’altro, rientra tra gli oggetti domestici più contaminati secondo studi sulla microbiologia: ecco perché ho linkato batteri alla relativa pagina Wikipedia: batteri.)
Il detersivo non basta: ecco perché serve un aiuto in più
La schiuma dà soddisfazione, inutile negarlo. Ci fa sentire puliti, in ordine, in controllo. Ma il detersivo per piatti, per quanto efficace come sgrassante, non è pensato per eliminare tutti i germi.
E allora la vera domanda diventa: che cosa possiamo aggiungere per una disinfezione completa?
Alcune soluzioni possibili:
- Pastiglie disinfettanti da sciogliere nell’acqua.
- Candeggina molto diluita, sempre risciacquata con attenzione.
- Aceto o limone, con un potente effetto deodorante e una moderata azione antibatterica.
Mi capita spesso di optare per l’aceto quando voglio una soluzione naturale, soprattutto per i taglieri o le tazze del tè che si macchiano facilmente.
Il risciacquo: quel passaggio che facciamo di fretta
Confesso che, arrivata a questo punto, tendo a sbrigarmi. L’acqua scorre, ho quasi finito, la cena è stata lunga… e invece proprio il risciacquo è fondamentale.
Serve a eliminare:
- residui di detersivo
- eventuali disinfettanti
- micro‑particelle trasportate dalla spugna
Lasciare asciugare all’aria può essere sorprendentemente efficace, soprattutto se si usa uno scolapiatti pulito e asciutto. Quando invece asciugo a mano, uso sempre un panno in cotone dedicato solo alle stoviglie, così da evitare contaminazioni da altre superfici della cucina.
Una routine che cambia tutto
Riassumendo, una disinfezione efficace richiede:
- Acqua molto calda, oltre 60°C.
- Una spugna pulita, igienizzata o sostituita spesso.
- Un prodotto disinfettante, naturale o chimico.
- Un risciacquo approfondito e un’asciugatura che non reintroduca germi.
È una piccola rivoluzione nella routine quotidiana, ma porta grandi risultati. Ogni volta che ci penso, mi sembra un gesto d’amore verso la mia casa: pochi minuti in più per un livello di pulizia che fa davvero la differenza.




